21 ottobre 2007

Africa e cocco bello!

"Vitamine e cocco belloooooooo! Coccooooooooooooooooooooooooo!"

Questo è uno dei ricordi che ultimamente risale subdolamente con cadenza estremamente frequente (adoro gli avverbi!).
Caldo sole d'estate, sabbia fine e calda, telo da mare avvolgente e caldo...insomma attualmente fa un freddo cane (o gatto che dir si voglia).

Però chissà quanti di voi si ricordano dei ragazzotti, bardati con un secchione pieno d'acqua ed un cestone pieno di foglie di palma e pezzi di cocco, che si facevano chilometri e chilometri sotto il sole cocente per vendere il bianco frutto ai bagnanti sdraiati sui loro lettini.
E quando ero piccolina (ora sono vecchia e decrepita), non appena sentivo il richiamo in lontananza, subito iniziava un'estenuante trattativa con mamma (che teneva le corde del borsellino da spiaggia) per accaparrarmi il mio pezzetto di cocco. Il più delle volte venivo rimbalzata, visto che il "cocco bello" (così avevo soprannominato il ragazzo di origini napoletane che all'epoca si faceva un bel pezzo della spiaggia della Riviera Adriatica a piedi) passava solo di mattina e molto spesso arrivava nei pressi del mio ombrellone quasi a ridosso dell'ora di pranzo. Ma talvolta, per intercessione divina, accadeva il miracolo e potevo avvicinarmi al cestone con il mio mille lire per ricevere l'agognato pezzo di cemento con sembianze commestibili. Allora il ragazzo prendeva una pinza per alimenti di metallo, sceglieva uno dei pezzi più grandi (da bambina ero parecchio simpatica e carina e per questo attiravo la benevolenza delle persone, ora invece mi dicono che sono fredda e sarcastica al limite dell'acidità), lo infilava nel secchio d'acqua e poi lo depositava sulle mie manine.
E con il mio trofeo ritornavo trionfalmente verso l'ombrellone e mi sdraiavo sopra il lettino a sgranocchiare allegramente.

Ormai sono tantissimi anni che non vedo più un esemplare di "cocco bello".
Mi è capitato di beccare i soliti "vu' cumpra'", stracarichi di bigiotteria di basso livello (che spacciano per tesori africani o indiani di inestimabile valore), di animali intagliati nel legno (che costano un occhio nella testa e spesso sono fatti un po' male, ma che ci volete fare...sono "etnici"), di teli da mare (che al primo lavaggio perdono fibra e colore), di occhiali da sole (con i quali non bisogna mai guardare il sole, pena la cecità permanente), ecc. ecc.
Poi come non ricordare le meravigliose massaggiatrici cinesi, che al grido di "Masagino? Cinque eulo!" invadono le spiagge con i loro unguenti puzzolenti (a tal proposito magari in futuro vi scriverò di una tremenda esperienza capitatami proprio quest'anno), ed i venditori di formaggio che vendono la loro merce sulle spiagge della Sardegna ad un prezzo che è mille volte più salato del più salato dei pecorini esistito dalla notte dei tempi fino ad oggi.

Ma il "cocco bello", con lo stesso stile da cocchivendolo sguaiato e simpatico, non è più comparso al mio orizzonte estivo.


Perdonatemi ma ora necessito di scaldare le mie manine ghiacciate sulla stufetta!
Alla prossima!

02 ottobre 2007

Depressione post vacanze

Buongiorno a tutti!

Non è neanche una settimana che sono ritornata dalle mie tanto agognate vacanze che già cado in una profonda e buia depressione.
Sarà la sonnolenza che accompagna ormai ogni mio minuto di vita lavorativa, saranno i problemi vari ed eventuali che si dilettano a comparire sulla mia strada, sarà il trauma della solitudine forzata.

Sta di fatto che ho iniziato a farmi delle domande in stile "Che senso ha la vita di un essere umano?".

Lo so, non può e non deve esistere una risposta oggettiva ad un simile quesito ma credo che sia la natura umana ad imporci di farcelo, prima o poi.
Stare sdraiati sulla terra, abbracciati alla persona che ci completa, guardando il cielo ed annusando un'aria incontaminata può avvicinarsi alla biblica idea del giardino dell'Eden. Peccato che i bisogni del corpo spingano l'animale uomo a dedicarsi anche al suo benessere fisico. Ed in una società come la nostra, se si vuole raggiungere un simile stato si deve necessariamente scendere a compromessi.
Per procacciarsi del cibo bisogna avere dei soldi. Per avere dei soldi bisogna lavorare. Per lavorare bisogna rinunciare a parte del tempo dedicato alla ricerca della nostra felicità.
Non parliamo poi della necessità di vivere in un posto accogliente: una volta sceglievi un terreno, prendevi e ti costruivi una bella casetta con la forza delle tue braccia e con l'aiuto di altre persone. Persone che non ti costringevano a fare sacrifici per una vita intera per poi dire, sul letto di morte, "Finalmente ho finito di pagare la casa".
Eh sì, perché in pochi sono nati ricchi e si possono permettere il lusso di condurre una vita agiata, senza molte preoccupazioni, facendo ciò che più amano fare e venendo a volte persino pagati per questo.

Vi confesso che mi è capitato molto spesso di pensare: "C'è gente che guadagna milioni di euro all'anno. Se una piccola parte di loro mi desse 5000 euro, solo quei 5000 euro che per loro non sono nulla, potrei vivere tranquilla."

Ma così è la vita.