29 novembre 2011

Miliardi di facce

N.B. Questo post è stato scritto il 12/04/2007, quindi ben quattro anni fa: l'ho recuperato tra le bozze mai pubblicate (e mai ultimate) ma non ho resistito alla tentazione di mostrarvelo. E' uno spaccato di un periodo della mia vita che non c'è più: ormai prendo sporadicamente il treno ed al massimo mi limito ad osservare l'altrui comportamento in piccole rare attese o camminando per le strade delle Fredde Pianure.
Questo testo mi ha però colpita e mi è sembrato giusto non relegarlo in un cassetto virtuale, anche se incompleto. Lascio a voi la libertà di completarlo, perché siamo tutti circondati da persone che non conosciamo ma che hanno una vita vera quanto la nostra.

Buon pomeriggio a tutti, o navigatori in questo mare binario!

Oggi sono un bel po' stanca, quindi lascerò il mio fido neurone a pascolare per le praterie del Bestiario, senza alcun tipo di restrizione.
Ieri mi è capitato di prendere il treno per ritornare a casuccia mia e, obiettivamente stupidamente, mi sono lasciata sorprendere da una constatazione che è ovvia in tutto e per tutto.

Il treno era pieno zeppo di gente e non conoscevo neanche una persona.

Ora, so perfettamente che non è poi così drammatico, ma ciò ha comunque scatenato un tripudio di pensieri riguardo questa semplice ovvietà.
Guardare tutti quei visi, vedere l'espressione dei loro occhi, scorgere le loro mani...sapere che stavano pensando un qualcosa di inintelligibile...è stato leggermente spiazzante.

C'era un uomo cinese, sulla quarantina, vestito con una camicia, una giacca, un paio di pantaloni ed un paio di mocassini. Sotto il suo sedile c'era un involucro di plastica bianco piuttosto voluminoso, ma quello che mi ha colpito maggiormente è stata la sua espressione: aveva lo sguardo fisso, sempre davanti a sé e non si girava mai, non un movimento del busto o delle spalle. Le mani conserte ogni tanto muovevano le dita, ma solo impercettibilmente.
Immagino quindi che in quel mentre stava pensando a qualcosa, sicuramente in cinese.

Accanto a lui sedeva invece un ragazzo sulla ventina d'anni, occidentale. Era l'esatto contrario dell'uomo: jeans, maglietta e maglione di cotone con scarpe da ginnastica ai piedi. Era irrequieto: continuava a muovere le gambe, si guardava a torno con occhi vivaci ed indagatori, ogni tanto estraeva il suo cellulare e rapidamente armeggiava con i tasti.

Poi c'era una donna, sulla quarantina, che appena la vedi in azione sai chiaramente che sta esaminando il modo di vestire delle altre donne in carrozza: sguardo simile ai raggi x di Superman, passati dalla testa ai piedi e viceversa. Non ha mai un'espressione dolce e se, per tua sfortuna, incroci il suo sguardo mentre sta operando la sua analisi, ricevi un'occhiata tra lo sprezzante e lo schifato: indipendentemente se sei vestita come una stracciona o firmata da capo a piedi.

Un paio di ragazze, presumibilmente universitarie, erano tutte prese dalla lettura di un libro, il più delle volte con un numero totale di pagine oscillante tra le 1000 e le 1500. Non si curano di ciò che accade intorno a loro ma, chissà come mai, sanno sempre a che fermata scendere.

C'era anche un tizio vestito con le classiche giacca e cravatta, coordinate con il pantalone: con la sua 24 ore in mano, probabilmente stava tornando a casa dopo una giornata in ufficio, non particolarmente esaltante, vista l'espressione stanca sul suo volto.

...

28 novembre 2011

Fate sentire la vostra voce!

Carissime/i lettrici/lettori del Bestiario (che poi sarebbe questo blog)!

Dopo un weekend un pochino stancante ma che ha regalato notevoli soddisfazioni (il mio regalo alla sempre giovane Guaritrice per il suo compleanno è stato apprezzato), mi accingo ad esprimermi ancora una volta su queste pagine virtuali.

Ed oggi una domanda sorge spontanea: perché ogni byte sprecato per posizionare i pixel delle lettere di questi post sui vostri monitor non genera quasi mai un commento nello spazio sottostante?
Evidentemente ciò che scrivo apparentemente non lascia spazio all'espressività e all'espressione dell'altrui pensiero. Il che mi suggerisce che effettivamente ciò che scrivo o è troppo banale, o troppo astruso, o troppo aleatorio o semplicemente affatto interessante.

Devo ammettere che questo mi rattrista, poiché ritengo che il vero valore aggiunto di un blog rispetto ad un diario su carta sia l'interazione con il mondo, il confronto di opinioni ed idee, la scintilla dialettica che attiva i neuroni e genera esperienza sociale.

Badate bene, non mi sto lamentando del fatto che questo blog non venga visitato adeguatamente. Anzi, i numeri delle statistiche mensili mi confortano e mi fanno capire che qualcuno spreca minuti preziosi della sua vita a leggere tali bestialate. Ma non vorrei ridurre i/le miei/mie adorati/e lettori/lettrici a freddi numeri.

Fate sentire la vostra voce!


P.S. La moderazione dei commenti è necessaria per impedire ai bot di spammare: mai ho pensato né penserò mai di censurare alcunché.

25 novembre 2011

Italia, o povera Italia...

...figlia di cotali padri e madri, ora ridotta a spettro sbiadito di un tempo che fu e che mai ritornerà.
Fosti fulcro d'un immenso impero ed ora spaurita e inane chini il capo dinanzi a genti che dominavi e che ti temevano ed invidiavano.

Sperduta nella tua accidia, gravata da catene straniere, giaci piangente, in disperata attesa di un eroe che irrompa nel freddo della prigione a riportare un tiepido sole di libertà e giusta giustizia.

Nel mezzo della battaglia combattuta non all'arma bianca ma con numeri e denaro ahimé non sonante ed immaginario, a nulla servono i tuoi belletti, i tuoi ricordi e le tue dolci note, giacché non è armonia a regnar su questa terra resa opaca dall'umana specie bensì il gelido rigore di voluttuosi interessi.

Ed i tuoi figli, dimentichi delle auguste origini e spiazzati da cimenti inaspettati, immobil si parano innanzi alla tua esile figura un tempo giunonica ed odono i tuoi strazianti gemiti senza osar proferir parola alcuna, se non con flebili mugugni. Troppo distratti, troppo infantili, si lasciano ammaliare ed irretire da chi sussurra instancabilmente versi di niun senso, poiché non ascoltano, non accendono il lume della mente loro e pensano ma con altrui sentimento.

Nessun uomo ti salverà, nessuna mano si alzerà in tua difesa perché la tua vera forza, il tuo popolo, non è più tuo ma di vizi ed inerzia. E triste ed addolorata perirai sotto la scure che già ora pende sul tuo capo, sì pallido e smunto.

Vuote ideologie, celanti squallidi interessi, sono ben poca armatura contro i fendenti che dilaniano le tue membra. Ed il tuo sangue, rosso come il vino della tua terra, come la lava dei tuoi vulcani, come i frutti delle tue fronde, come le fiamme del tuo passato coraggio, lorderanno i tuoi assassini, che ridenti si addormenteranno sognando nuove malefiche imprese, dimenticandoti.

Italia, o povera Italia...

24 novembre 2011

Chabudai Gaeshi

...ovvero l'arte di rovesciare i tavoli in Giappone!

Illuminanti ed illuminate menti eccelse che visitate sporadicamente e non queste umili pagine: io vi saluto!

Oggi vi parlerò di un gesto ormai entrato nella cultura giapponese, come espressione estrema di rabbia e nervosismo nell'ambito familiare. Si tratta del chabudai gaeshi, ovvero il movimento col quale di solito il padre di famiglia ribaltava il chabudai, il tradizionale tavolo a gambe corte giapponese, per sottolineare il proprio vorticoso giramento di pianeti oltre il limite accettabile.

La tecnica è molto semplice! Seduto sul tatami, l'uomo infila le mani a palmi in su appena sotto il tavolo che ha davanti, dopo di che flette i muscoli delle braccia e catapulta il tavolo della direzione opposta alla sua. Ahimé, molto spesso il tavolo andava a centrare in pieno la sfortunata moglie, ovviamente considerata dal bruto come causa del proprio nervosismo.

Con il passare degli anni, questa bestialata è piano piano uscita dall'ambito familiare per entrare nel repertorio comico giapponese e talvolta la possiamo rintracciare in momenti esilaranti in alcuni anime.
Quello che molti non sanno è che la Taito ha prodotto un gioco proprio dedicato al chabudai gaeshi, le cui immagini salienti sono visionabili nell'apposito sito.

Il Bestiario, ovvero questo blog, del quale è reggente la Compiuta Donzella del 2000, che poi sarei io, vuole offrirvi la visione del gameplay attraverso un video prodotto da un utente (tale naji53) su YouTube!

Buona visione e buon divertimento!


16 novembre 2011

Cogitazioni filosofico-informatiche

Meravigliose creature virtuali che in questa ragnatela impalpabile atterrate per caso o volontariamente!

Ultimamente mi sento particolarmente mentalmente in forma e sto riscoprendo piano piano la mia vena letteraria, un po' a discapito però della mia solita verve analitica. Insomma, sto concedendo l'utilizzo del parco neuroni attivi (attualmente fermo a 2 elementi) più al dolce gioco verbale che al freddo calcolo razionale. Quindi beccatevi codesto altro post e non lamentatevi dello spreco di byte!

E' da un po' di giorni che rifletto sulla consistenza dell'universo informatico: in questo piccolo globo terracqueo non vi è nulla di più calzante al panta rhei di Eraclito (per la cronaca italiana "Tutto scorre") come lo stato dell'arte della scienza del codice binario. L'evoluzione continua ed inarrestabile dei linguaggi di programmazione, delle metodologie e soprattutto dell'architettura hardware costringono chi si cimenta nell'ambito informatico a continui aggiornamenti per non rimanere "fuori dal giro". E solo una vera passione ed un'inesauribile "voglia di fare bene" riescono a dare quella spinta necessaria ad impegnarsi in un infinito apprendimento.

Ma chi lavora in questo ambito sa perfettamente che dove dovrebbe esserci un turbinio inarrestabile di idee e di concetti, spesso c'è invece una roccaforte inamovibile di fondamenti talvolta clamorosamente obsoleti. E la spinta di chi vuole invece innovare si arresta su un invalicabile muro costrittivo.
Ovviamente una condizione necessaria, ma non sufficiente, per lanciarsi davvero nell'esplorazione di domini appena scoperti richiede una buona dose di coraggio, perché, come la saggezza popolare insegna, "chi lascia la via vecchia per quella nuova sa quello che lascia ma non sa quello che trova": e nel campo del business, dove fatturare in sicurezza è doveroso per garantire stabilità all'azienda, si preferisce stare al pelo della linea di galleggiamento dell'innovazione piuttosto che navigare a vele spiegate nel bel mezzo di una tempesta di novità sperimentali.

Fortunatamente, sembrerebbe comunque che, con il passare degli anni e con le linee guida dettate dal mercato, questa tendenza all'immobilismo stia lentamente regredendo, rimanendo così incapsulata solo in determinati ambiti. Dopo tutto, con un'offerta sempre maggiore di produzione di codice, la concorrenza si articola sia sul piano economico che su quello dei contenuti ma anche l'incredibile velocità di diffusione delle informazioni, di documentazione e di esperienze tramite Internet supporta gli sviluppatori.

Sta di fatto però che nella mia breve ma intensa vita di coding ho avuto la fortuna, ma talvolta la sfortuna, di incontrare sia individui affascinati dal progresso informatico che esseri contenti di trattare lo sviluppo come se fosse una meccanica operazione di copia/incolla di codice vecchio di anni.

Mi piace annoverarmi tra coloro che invece trovano soddisfazione nell'assemblare nuove combinazioni di istruzioni, tempo permettendo, per arrivare là dove nessuno è mai giunto prima: la sfida tra la mente umana ed il calcolatore per piegarlo alle sue necessità rappresenta un gioco troppo interessante ed avvincente per un'alzata di bandiera bianca alla prima difficoltà.

D'altra parte se il computer è un servo stupido, non vedo perché dobbiamo esserlo anche noi.

15 novembre 2011

Il calduccio in una copertina

Sublimi lettrici/lettori del Bestiario!

Questa sera, con una temperatura di ben 0°C nelle Fredde Pianure del Nord, voglio innalzare un inno gioioso e riconoscente alla mia adorata copertina.

Dopo essere rientrata quasi alle 22 da una trasferta per mettere a posto il pc di mio cugino, affetto da poltergeist, con le membra intirizzite dal freddo, stavo per soccombere ai brividi ed ai geloni quando all'improvviso la porta di casa mia si spalanca e mi avvio verso il mio giaciglio. Ivi trovo la soluzione di tutti i miei problemi: la mia copertina blu con le maniche, ideale per chi ha un freddo peloso di inverno ma non vuole rinunciare all'interazione col proprio computer o con un bel libro.

Dopo una decina di minuti passati nel suo caldo abbraccio, ho subito ripreso un po' di spirito vitale ed ora posso finalmente sentirmi termicamente a mio agio e prossima allo svenimento per stanchezza.

Indi per cui, dopo aver accarezzato ancora una volta la morbida superficie della copertina, auguro a tutti voi di passare una lunga nottata al calduccio e me ne vado a vegetare sul letto!

14 novembre 2011

Un rapido pensiero

D'un tratto, costretta dai casi di questa beffarda vita, mi sovvengono le parole di un tempo così lontano ma così vicino.


Raccontano d'una nobile razza di cavalli che, quando sono eccessivamente incalzati e accaldati, istintivamente si mordono una vena per facilitare il respiro. Così vorrei anch'io aprirmi una vena, che mi procurasse eterna libertà.

I dolori del giovane Werther - Johann Wolfgang Goethe

08 novembre 2011

La casa da sogno rimane sempre un sogno

Buongiorno a tutti/e i/le lettori/rici del Bestiario!

Si sa, uno dei sogni di tutti noi (o quasi, dipende dalle filosofie di vita) è quello di avere una casetta di proprietà, un nido caldo nel quale rientrare dopo una giornataccia o dove trascorrere momenti felici con la persona amata.

E purtroppo si sa anche altro: che la casa ormai non è più un bene alla portata delle tasche del 99% degli italiani. La spiegazione è semplice: il costo in sé della casa già è eccessivo (ovviamente dipende anche dalle zone) ma in più saltano fuori anche spese che, calcolate in percentuale sul valore della casa, si rivelano dei veri e propri salassi.

Facciamo un esempio!
In un paese sperduto nelle Fredde Pianure del Nord (e fra poco pure allagate come gran parte dell'Italia), c'è una casetta, un trilocale in una piccola palazzina, che viene venduta alla modica/non modica cifra di 200.000 euro. Ovviamente casa usata, perché quelle nuove sono intoccabili, con i costruttori che propongono sempre gli stessi tremendi prezzi al metro quadro.
La casetta è in vendita tramite un annuncio di un'agenzia, poiché giustamente l'attuale proprietario, come quello futuro, vuole essere tutelato.

Ebbene! E' l'ora di fare un paio di conti!

Di solito l'agenzia si prende il 4%+IVA del costo dell'immobile, quindi... siamo sui 9.680 euro minimo.

I carissimi (in tutti i sensi) notai invece hanno degli onorari che lievitano a seconda della rendita catastale della casetta, e che entrano in gioco sia per quanto riguarda il mutuo che per il passaggio di proprietà. Approssimando per difetto, siamo sui 10.000 euro.

Magari avessimo tutti la fortuna di avere qualcuno che ci foraggia, ma la gran parte delle persone che vuole comprare casa deve fare un bel (mica tanto) mutuo. Le banche, soprattutto in questo periodo di crisi ma anche prima, finanziano al massimo (quando vogliono) l'80% del valore dell'immobile. Calcolatrice alla mano, per la suddetta casetta (e fa anche rima) il compratore potrebbe richiedere fino a 160.000 euro.
Che con i tassi attuali (bassi ma con spread micidiali) si traducono approssimativamente in 700 euro al mese per 30 anni. Ed ovviamente alcune banche richiedono anche un corrispettivo monetario (più o meno esoso) per le spese di accensione del mutuo: forfettiamo a 1.600 euro.

Ed ora con l'aiuto della matematica (che non è un'opinione come l'economia e le leggi) tracciamo il quadro complessivo.

200.000 euro di casa
9.680 euro di agenzia
10.000 euro di notaio
1.600 euro di accensione mutuo

TOTALE: 221.280 euro (mobilia et altro esclusi)

Ora! Sapendo che la banca finanzia al massimo 160.000 euro...questo totale ci dice che per l'acquisto di quella casa bisogna avere come minimo la bellezza di 61.280 euro come base.

E ci sono politici, i quali in un anno riuscirebbero a raggranellare il doppio della cifra di base, ai quali la casa viene pure regalata.

Ma dove sono finiti i diritti degli italiani?