N.B. Questo post è stato scritto il 12/04/2007, quindi ben quattro anni fa: l'ho recuperato tra le bozze mai pubblicate (e mai ultimate) ma non ho resistito alla tentazione di mostrarvelo. E' uno spaccato di un periodo della mia vita che non c'è più: ormai prendo sporadicamente il treno ed al massimo mi limito ad osservare l'altrui comportamento in piccole rare attese o camminando per le strade delle Fredde Pianure.
Questo testo mi ha però colpita e mi è sembrato giusto non relegarlo in un cassetto virtuale, anche se incompleto. Lascio a voi la libertà di completarlo, perché siamo tutti circondati da persone che non conosciamo ma che hanno una vita vera quanto la nostra.
Buon pomeriggio a tutti, o navigatori in questo mare binario!
Oggi sono un bel po' stanca, quindi lascerò il mio fido neurone a pascolare per le praterie del Bestiario, senza alcun tipo di restrizione.
Ieri mi è capitato di prendere il treno per ritornare a casuccia mia e, obiettivamente stupidamente, mi sono lasciata sorprendere da una constatazione che è ovvia in tutto e per tutto.
Il treno era pieno zeppo di gente e non conoscevo neanche una persona.
Ora, so perfettamente che non è poi così drammatico, ma ciò ha comunque scatenato un tripudio di pensieri riguardo questa semplice ovvietà.
Guardare tutti quei visi, vedere l'espressione dei loro occhi, scorgere le loro mani...sapere che stavano pensando un qualcosa di inintelligibile...è stato leggermente spiazzante.
C'era un uomo cinese, sulla quarantina, vestito con una camicia, una giacca, un paio di pantaloni ed un paio di mocassini. Sotto il suo sedile c'era un involucro di plastica bianco piuttosto voluminoso, ma quello che mi ha colpito maggiormente è stata la sua espressione: aveva lo sguardo fisso, sempre davanti a sé e non si girava mai, non un movimento del busto o delle spalle. Le mani conserte ogni tanto muovevano le dita, ma solo impercettibilmente.
Immagino quindi che in quel mentre stava pensando a qualcosa, sicuramente in cinese.
Accanto a lui sedeva invece un ragazzo sulla ventina d'anni, occidentale. Era l'esatto contrario dell'uomo: jeans, maglietta e maglione di cotone con scarpe da ginnastica ai piedi. Era irrequieto: continuava a muovere le gambe, si guardava a torno con occhi vivaci ed indagatori, ogni tanto estraeva il suo cellulare e rapidamente armeggiava con i tasti.
Poi c'era una donna, sulla quarantina, che appena la vedi in azione sai chiaramente che sta esaminando il modo di vestire delle altre donne in carrozza: sguardo simile ai raggi x di Superman, passati dalla testa ai piedi e viceversa. Non ha mai un'espressione dolce e se, per tua sfortuna, incroci il suo sguardo mentre sta operando la sua analisi, ricevi un'occhiata tra lo sprezzante e lo schifato: indipendentemente se sei vestita come una stracciona o firmata da capo a piedi.
Un paio di ragazze, presumibilmente universitarie, erano tutte prese dalla lettura di un libro, il più delle volte con un numero totale di pagine oscillante tra le 1000 e le 1500. Non si curano di ciò che accade intorno a loro ma, chissà come mai, sanno sempre a che fermata scendere.
C'era anche un tizio vestito con le classiche giacca e cravatta, coordinate con il pantalone: con la sua 24 ore in mano, probabilmente stava tornando a casa dopo una giornata in ufficio, non particolarmente esaltante, vista l'espressione stanca sul suo volto.
...
4 commenti :
Che ne dici di quest'immagine? Mi sembra adeguata alla situazione.
http://www.ratemyfunnypictures.com/wp-content/uploads/2011/06/wake-up-sheeple-640x681.png
Comunque ho sempre pensato che i viaggi solitari in autobus o treno siano una specie di sonno per il cervello. Nel senso che il pensiero se ne va senza inibizioni a riordinare le idee. Come nel sonno. E sogni. Ripeschi vecchi ricordi senza nemmeno accorgertene per associazione con cose accadute oggi. E in una frazione di secondo sono già spariti.
Saluti Compiuta donzella
Marco
L'immagine è senza dubbio calzante! XD
Concordo che non solo i viaggi solitari ma tutti i momenti di solitudine fanno convergere l'attenzione delle facoltà mentali all'Io e non all'altro.
Famigerati sono i miei lunghissimi bagni in vasca, con elucubrazioni degne del miglior Ray Bradbury. XD
Il post e l'immagine mi hanno fatto pensare al fatto che un vagone di un treno (come uno spazio di un qualsiasi altro mezzo di trasporto da pendolare) è esattamente un mondo a specchio. Sei lì che aspetti la tua fermata e ci sono giorni in cui contempli ricordi passati, altri in cui progetti avvenimenti futuri e altri... in cui ti accorgi del mondo intorno a te. E come succede a te, succede alle persone intorno a te. Come cerchi l'uno all'interno dell'altro che ruotano in direzioni diverse e in tempi diversi e i cui raggi a volte, magari, si incrociano.
Per un pendolare abitudinario poi è facile che altri pendolari abitudinari diventino parte di quel momento della sua vita, anche se sono estranei. E del resto è anche affascinante pensare che allo stesso tempo tu sei parte di quella loro fetta di vita. Conoscere è ben lontano dal semplice condividere un'abitudine, ma l'incrocio anche se casuale, inconscio e non programmato non può non farmi pensare al fatto che in fondo, anche se per una frazione infinitesimale di tempo, sei stato personaggio della vita di un'altra persona. E far parte della vita di una persona non è forse un aspetto(anche se irrisorio e infinitesimale) della conoscenza?
Direi di si. Mi viene in mente la classica situazione in cui sei in un villaggio turistico dall'altra parte del mondo e vedi un viso noto. È quel tizio che prende il treno con te tutti i giorni, e cui quella situazione così poco probabile ti spinge a rivolgere la parola!
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